giovedì 16 febbraio 2012

It's Supernatural!


Muahaha!

Every teardrop is a waterfall ~ Priscilla

As we saw oh this light 
I swear you, emerge blinking into 
To tell me it’s alright 
As we soar walls, 
every siren is a symphony 
And every tear’s a waterfall 
Is a waterfall 
Oh ~ Coldplay ♥

Sfoggi uno dei tuoi sorrisi migliori, mentre riveli a tuo marito la lieta novella.
Vuoto, ma pur sempre un sorriso.
Sei incinta.
Fissi  Godric, che ti guarda, titubante.
E’ felice. Dovresti esserlo anche tu , no?
Si avvicina. Incredulità, gioia, commozione? Cosa riesci a leggere nei suoi occhi?
Ti abbraccia, goffamente.
Poggi la testa nell’incavo del suo collo muscoloso, abbassando lo sguardo.
Ti stringi a lui, respiri il suo profumo, per cercare di saziare il tuo cuore affamato.
Ma cos’è che stai cercando, Priscilla?
Amore … un sussurro, flebile, esce dalla bocca del tuo compagno.
Esatto.
Una lacrima, una sola, calda, solca la tua guancia pallida.
Vorresti urlare contro quell’uomo così ottuso che ti stringe al petto.
Lo disprezzi, con tutte le tue forza. E biasimi te stessa, per essere divenuta così debole. Il fantasma di quella donna orgogliosa e sprezzante che era stata Priscilla Corvonero.
Scappare, ecco la soluzione, correre lontano e ritrovarlo.
Ritrovare l’Amore della tua vita.
Ma se ne andato. Ti ha abbandonato, una bella mattina, e le promesse di una vita felice si sono srotolate sotto il cielo azzurro.
Ti rendi conto solo ora della tua commovente superbia.
In cuor tuo hai sempre sperato che tornasse. Ne eri sicura. Perché l’aveva detto.
Piangi, non vorresti, ma lo fai. Ti manca, desideri sia lì a ricordati che tutto andrà per il meglio.
Ma Salazar ha scelto di percorrere un cammino solitario.
Non c’era più posto per te.

Ma chere ~ Rodolphus

Mai due estranei
legati allo stesso destino furono più estranei
di noi ~ O. Fallaci

Vertigini.
Paura di cadere.
Accasciarmi qui, al suolo, come fa il tuo corpo inerme in questo momento.
La tua risata troppo forte e smargiassa riecheggia ancora nell’aria.
Solo il tempo di voltarmi, e non ci sei più.
Non lasciarmi, Bellatrix. Non lo fare, ti scongiuro.
Mi avresti già coperto di insulti, a quest’ora. Mi avresti rimproverato per essere troppo sentimentale.
Quasi umano, oserei dire.
Ma non illuderti, non è amore questo.
In quello stupido sentimento ho smesso di credere anni fa, quando ho capito che la scintilla dei tuoi occhi non ardeva per questo stupido ed inetto mangiamorte francese.
Forse inizialmente avevo pensato – sperato – in qualcosa di più, ma la nostra è stata sempre una  triste storia di convenienza. Insieme per non stare soli. Insieme per essere ammirati. Insieme per zittire famiglie pressanti. Marito e moglie potenti, agli occhi degli altri. Due estranei ai nostri.
E questa, no, non è la passione di un cuore devastato, è paura.
Terrore di soffrire da solo, stavolta. Andrò avanti senza più sentire i tuoi deliranti monologhi sull’operato illuminato del Signore Oscuro. Al riparo dal tuo folle culto della morte.  Nessuno mi ripeterà di consolarmi, di non pensare, di agire, perché i crimini commessi  lo sono stati per il Bene Superiore.
Nessuno lo farà, Bella, e io, dopo tutti questi anni, mi ritroverò faccia a faccia con la mia coscienza.
Sarò dichiarato colpevole nel mio stesso processo interiore.
Non riconoscerò più il mio stesso sguardo, macchiato, inquinato da troppi orrori visti.
Nello specchio ci sarà solo uno sciocco assassino, un uomo debole e codardo, burattino nelle mani della sua – ma cosa dico, non sei mai stata mia!- donna, della famiglia, delle tenebre. Come farò ad alzarmi dal letto la mattina, come riuscirò ancora a sentirmi degno di ogni alba che mi sarà regalata,di ogni briciola d’aria che entrarà in questi polmoni?
Riesci a capirlo Bella, LO CAPISCI?
Non voglio vedere il Rodolphus corrotto da evanescenti sogni di gloria. Accecato dall’orribile follia che ha scatenato questa guerra.
Un lampo verde mi colpisce in piena schiena, mentre sono voltato a guardare il tuo cadavere disteso sul pavimento.
Ha una strana compostezza, emana pace. Buffo, non è da te.
Sembri una persona migliore, defunta.
Vertigini.
Non provo dolore, forse è una specie di sollievo.
Ti sto raggiungendo, ma chère.

Tra sfoghi notturni

Esiste una stanchezza dell’intelligenza astratta, che è la più spaventosa delle stanchezze.
Non pesa come la stanchezza del corpo,
né inquieta come la stanchezza della conoscenza emotiva.
È un peso della coscienza del mondo, un non poter respirare con l’anima
~Fernando Pessoa
Sapete cosa c’è?
Sono stanca, davvero.
Esausta di sentirmi dire cosa fare. Cosa sostenere, come comportarmi.
Devo cambiare, lo accetto. Ne prendo atto. Riconosco la mia incapacità e il mio continuo essere inopportuna. Sbagliata.
Ma non lo farò. Mi conoscete da così tanto tempo, e ancora vi illudete?
Non scendo a compromessi con me stessa, figurarsi con voi, inquietanti maschere di cartapesta.
Ma come,nonostante la vostra onniscienza, non sapete che la cartapesta con l’acqua si scioglie? Forse è per questo che nei giorni uggiosi girate con i vostri belli ombrelli colorati, non è così?
Cos’è, avete paura che il vostro teatrino cada?
Avete paura? Buffo, dato che mi rimproverate sempre di essere troppo codarda.
Sono spossata. Di me non è che rimasto un guscio vuoto – svuotato- dentro a cui si ode l’eco di troppe parole abortite, troppe lavate di capo, troppi singhiozzi.
Confessioni mai fatte mi devastano l’anima, o quei brandelli che restano.
Ho sperato con tutto il cuore, e ho amato. Impossibile crederlo, ma quest’essere cinico un tempo sapeva amare. Ora non ne vuole essere più in grado.
La mia passione mi ha corroso.
La mia incapacità di reagire mi ha lacerato.
E nonostante tutto sono ancora qui, gli occhi sbarrati, bianchi. Non voglio vedere.
Solo sentire il sangue nelle vene sobbalzare a ritmo di una qualsiasi melodia. Il cuore battere nella cassa toracica, spingere quasi per uscire, per ballare davanti al mio viso quella musica, sia essa la ballata più romantica  o il grunge più fottutamente scadente.
Desidero sentirmi viva, come una volta.
Bramo non essere più me stessa, ma essere…felice.
Felicità…strano vocabolo, così estraneo alla mia condizione.
Mi viene da sorridere nel rileggere il mio desiderio.
Mi sono sentita dire di credermi troppo superiore alle masse, ma è l’esatto opposto.
Così dannatamente imperfetta, così fragile, mi sono preclusa tante occasioni per il semplice fatto che ritenevo non meritarle. Ritenevo non essere giusta nemmeno per lui, ecco perché ho lasciato scorrere.
Lei era quella meritevole, non io.
Sento che il mio corpo oramai inizia a cedere. Che la mia testa sta per esplodere.
Vorrei piangere, ma ho troppo orgoglio per farlo.
Per ammettere che avevate ragione voi.
Che non avrei mai combinato nulla di buono, niente adatto a regalarmi quel piacere tanto bramato.
Non sarò mai importante per nessuno. Non è amore, quello che cerco ora.
E’ l’essere indispensabile per qualcuno, il suo punto fisso. Voglio sentirmelo dire.
E’ un puro  e semplice bisogno egoistico che deve essere saziato.


Dovrei rimboccarmi le maniche, smetterla con  i  congiuntivi e i condizionali, lo so.
Ma è così difficile rompere il guscio che mi sono creata. Nel mio mondo perfetto, scaricando ad altri i miei pesi. Le mie colpe.
Diventando semplicemente invisibile, crogiolandomi in quella situazione, fra i ricordi di vecchi sorrisi e ricordi da cartoline raggrinzite.

Sono così  stanca.

Oh, nonostante tutto, vi amo ancora!

It's too later ~ Neville

Che stupidi che siamo, 
quanti inviti respinti, quanti...
quante frasi non dette, 
quanti sguardi non ricambiati... 
tante volte la vita ci passa accanto 
e noi non ce ne accorgiamo nemmeno.
~Le fate ignoranti

Rintoccavano a festa, le campane di una chiesina di campagna, simile a quelle tanto amate delle favole, dove la principessa corona il suo sogno d’amore con il damerino di turno.
Una piccola costruzione in pietra, immersa in un pascolo verde, addobbata con tripudi di corolle e festoni gialli, forse in maniera troppo vistosa,  oltre modo pacchiana, ma le persone riunite in quella saletta, solo per il semplice fatto di trovarsi lì, non avrebbero dovuto meravigliarsi. O disgustarsi.
In fondo la sposa lo trovava decisamente un bel colore, così beneaugurante.
Così simile ai suoi capelli, pensò l’uomo attraversando il corridoio, per prendere posto.
Inspirò a pieni polmoni; l’aria aveva un intenso profumo di fiori, sapeva di erba tagliata e, se ti soffermavi un attimo, ecco, sì, potevi percepire l’odore pungente del giornale appena stampato.
Le labbra dell’uomo si piegarono verso l’alto. Anni prima questo era l’aroma emanato da una fiala di Amorentia.          
Un sorriso malinconico il suo. Uno di quelli che nasce sulle labbra di persone che non hanno mai smesso di guardarsi indietro. Di bearsi nei baci scoloriti. Crogiolarsi nelle piaghe di vecchi rimpianti, auto convincendosi  di non aver mai sbagliato. Di aver sempre fatto la scelta giusta.
Di essere felici.
Ma tutte le convinzioni di Paciock stavano cadendo. Sapeva di non dover accettare il ruolo di testimone, rispondendo, con fin troppo entusiasmo al gufo di qualche mese prima. Ma dopo tutto quel tempo, chi avrebbe mai creduto che il solo fantasma della presenza di Luna avrebbe fatto risorgere sentimenti ormai assopiti? Di certo l’uomo aveva dimenticato gli scherzi che i Nargilli possono tirare…
E così, al vedere la sposa attraversare la navata rettangolare, a piedi nudi, tipico di lei, i suoi capelli biondi raccolti, diversi dalla chioma stopposa che ricordava, e quel sorriso che- ancora -illumina il mondo, il cuore di un Neville ormai adulto tornò ad essere come quello, dimenticato, del diciassettenne eroe della Guerra Magica. Lo sentì ripompare il sangue nelle vene. E soprattutto, ecco il suo amore rifar capolino dalle ceneri come la più splendente delle fenici.
Ma, nel vedere la sua Luna, pronunciare quel fatidico sì, qualcosa nel petto smise di battere per la seconda volta.
Si pentì di non averle mai rivelato ciò che sentiva. Non era un semplice amore adolescenziale, in cuor suo l’aveva sempre saputo. Aveva perso tante occasioni, troppe.  Se ne sarebbe dovuto rendere conto prima.
E  non c’è niente di peggio del troppo tardi.

L'abbraccio è la migliore delle religioni

Una bella giornata

Bene, si tratta di un piccolo e insignificante racconto noir, ma ci tenevo a pubblicarlo nel blog.


C'è la città chiamata Los Angeles 
anche se nessuno riesce a vedere 
che cosa possa averci a che fare con gli angeli.
 ~ Jack Kerouac


Quando parli di Los Angeles, la gente immagina sempre Marilyn Monroe e Angelina Jolie.

Ricordano Hollywood, i negozi di Rodeo Drive, i motori rombanti di auto costose.
la spiaggia di Malibù, le luci troppo forti che illuminano la notte.
Nessuno pensa mai alla Los Angeles  sfortunata, alla parte che con gli angeli ha ben poco a che fare.
Il vicolo che stava percorrendo l’uomo, faceva parte di quel mondo dimenticato.
Portava un giaccone pesante, infeltrito, scuro, nonostante nel vicolo facesse un caldo infernale.
Camminava velocemente, portando i piedi, stretti in scarpe consunte, uno davanti all’altro, in linea retta.
Era ben piazzato, le spalle aperte e larghe. 
Il volto aveva un’espressione accigliata, la barba era stata rasata da poco, e gli occhi puntavano verso terra.
Sembravano stanchi, troppo.
Sembrava più grande della sua età, ma, osservandolo, i tratti del viso erano ancora morbidi, fanciulleschi. 
Un ragazzo sui vent’anni, forse.
Alzò piano la testa; era arrivato alla meta.
Aprì la porta a vetro dinanzi a lui ed entrò nel locale, un piccolo pub gestito da un immigrato irlandese.
Il posto era umido e sudicio. Puzza di piscio e birra, pensò il giovane. Ma non gli importava.
Si sedette ad un tavolino laccato di vernice verde.
Gli occhi iniziarono a scrutarsi intorno, con irrequietezza febbrile, e si fermarono su una figura minuta.
L’aveva trovata.
Fissò a lungo la ragazza; se la ricordava calda e morbida, come crema. Dolce e bollente.
Lavorava ancora come cameriera, ma il suo turno scadeva presto, verso mezzanotte.
Il ragazzo aveva in programma di attendere pazientemente, ordinando due birre ghiacciate.
Non aveva ancora finito la prima quando la giovane prese la giacca lilla ed uscì dal locale.
La seguì. Camminarono a lungo, fra le stradine contorte di quell’angolo di città, fin quando la bottiglia di birra che il ragazzo aveva continuato a bere lungo il tragitto, rotolò a terra, spaccandosi.
Si voltò, la piccola donna, gli occhi aperti in maniera artificiosa, sorpresi.
-Daniel, sei tu?- Lo riconobbe,scandendo il suo nome in un sussurro.- Quando sei tornato? Io..io … sei ancora infuriato?- quanta ingenuità in quelle parole, quanta. Sorrise, Daniel, avvicinandosi alla ragazza. Era un ghigno di vittoria, quello dipinto sul suo volto.
- Non ti preoccupare. Sono venuto a salutarti. Prima della tua partenza.-
-No, Dan, ti sei informato male. Non vado da nessuna parte.-
-Sei  sicura?-. Le sue mani, grosse,  aggredirono il collo pallido della donna. 
Lo sguardo di lei ora, era carico di paura. Terrore puro. 
Ma era troppo veloce, forte, e lei non poteva scapppare.
Lui spinse. Strinse con tutte le sue forze, più forte, sempre più forte, mentre il viso della vittima si contorceva.
Voleva vederla dibattersi, supplicare aria, supplicare lui. Sentì nelle sue man una nuova forza, un poter assoluto. Sì, era un Dio, lo era sempre stato , anche se Lei non se n’era mai accorta.
L’aveva lasciato perché voleva di più. Non era abbastanza. Abbastanza bello, abbastanza ricco, abbastanza intelligente. Voleva fare l’attrice, e Los Angeles era il luogo giusto per poter sfondare. Per essere come Marilyn, la “Zucchero candito” di “ A qualcuno piace caldo”.  Perché questo è il primo nome che viene in mente, quando pensi alla città. 
Aveva dato amore, troppo amore, e in cambio gli avevano dato solo merda. Merda e dolore. Quello che provava ogni volta che vedeva coppie felici, o famiglie unite. Perché lui non avrebbe mai potuto avere niente di questo.
Non avrebbe mai vissuto la bella vita della Los Angeles per bene. 
Solo sangue, buio, sofferenza. Lacrime. 
Merda.
In un lasso di tempo troppo breve, penso Daniel,  il capo della donna si reclinò all’indietro. Morta.
La prese in braccio, chiudendole gli occhi. Iniziò a camminare per la strada, calmo, finalmente, un sorriso quieto sul volto.
Era quasi l’alba.
Un vecchio  mattiniero li vide. Guarda quel giovane innamorato, che rientra a casa scortando la sua bella addormentata. Inarcò gli angoli della bocca all’insù. 
Era bello l’amore.
Quella sarebbe stata una bella giornata.


Vecchio Pal.

“ Sono stanca di essere me stessa, me stessa piena di odio. Dammi respiro. Sono stanca di

 questo mondo di apparenze. Maiali che sembrano grassi. Famiglie che sembrano felici. 

Dammi liberazione. 

Da quello che sembra generosità. Da quello che sembra amore. Flash. Non voglio più essere 

me 

stessa.” 

Troppo ~ Oliver

After all its not easy  
Banging your heart against some mad buggers
Wall 

~ Pink Floyd

La mia ossessione mi sta lentamente corrodendo dentro.
E incendia, brucia. Del mio cuore non restano che ceneri.
Il petto è squarciato da questo tormento e le ferite non smettono di sanguinare.
Silenzio, silenzio, quanto dovrò attendere perché tu distrugga  nuovamente questo muro come hai fatto con la mia anima?
Sarei disposto a tutto, persino perdere questa fottutissima partita, ma non lo accetteresti.
No, perché sei stupido, dannatamente cocciuto ed orgoglioso…ma  dovevo immaginarmelo quando ho deciso di abbandonarmi a te.
Perché pensavo che, se si ha abbastanza fortuna, dolore a amore possono compensarsi, e allora sarà valsa la pena di tutti i sacrifici, delle bugie a famiglia ed amici, verrà dimenticato lo squallore di una relazione che non corrisponde ai canoni della società.
Non bisogna mai rinnegare se stessi, l’avevi detto tu.
Sei stato tu ad iniziare tutto; eri tu a rassicurarmi quando lo sconforto e il senso di colpa per qualcosa di sbagliato mi assaliva, rendendo le mie notti insonni. Sarebbe andato tutto bene.
A te non è mai importato del giudizio degli altri, vero?  Invece, ora che le voci girano, ti sei tirato indietro.
Cos’è, il perfetto Serpeverde ha paura che la reputazione gli sia rovinata da una relazione omosessuale? Voldemort non lo vorrà più fra i suoi adepti?
Ma quando mi sono messo in gioco io andava bene, non è così?
Mi hai spinto ed intrappolato nella tua voragine di cazzate, e adesso eccomi qui, sospeso a mezz’aria, durante l’incontro più importante dell’anno, a fare i conti con i miei sentimenti.
Nessuno mi aveva raccontato che, se hai sfortuna, il desiderio può essere talmente elevato da trasformarsi in dolore così atroce da soffocare completamente la mente.  Per poi sfociare il rabbia.
Ho cambiato idea,sai, questa è la MIA vittoria.
Anche se ti ho amato e ti amerò sempre troppo.
Tu invece non lo farai mai abbastanza, eh, Marcus?